il lento scivolare di una coppia nell’abisso della sottomissione 2
Dopo l’ultima punizione telefonica capii che i tempi erano maturi, per organizzare un incontro e vedere se la moglie era veramente degna di avere un padrone del mio livello.
Decisi di imporre a loro a Venezia il fine settimana, e di incontrarci innanzitutto in un luogo pubblico all’uscita dall’autostrada. La signora (si fa per dire….), avrebbe ovviamente essere vestita, come le avevo ordinato di fare ossia minigonna inguinale, niente mutandine, figa completamente depilata.
Ci vedemmo all’incirca a mezzogiorno di Sabato nel parcheggio del grande distributore di Benzina presente fuori del casello dell’autostrada. Saluti lui, gli diedi la mano, lei no ho una mia dignità’ da difendere.
Ci sedemmo al bar del distributore, mostrai a loro il contratto di schiavitù che avevo preparato, lo feci firmare a tutti e due. Lei si mostrava piuttosto consapevole della sua condizione e di cosa andava incontro e che non aveva di fronte un padrone che si sarebbe accontentato di qualche sculacciata.
Le misi il collare su cui avevo inciso le mie iniziali, e le dissi che questo non avrebbe più dovuto toglierlo pena lo scioglimento del contratto, come cagna poi non aveva diritto a stare seduta sul tavolo del bar con noi, ma avrebbe dovuto stare a quattro zampe sotto il tavolo, cosa che fece subito e ubbidì. Sul tavolo in fianco era seduta una coppia di anziani coniugi che ci diedero un occhiata scandalizzata.
A quel punto pensai che era l’ora di portare i coniugi: il marito e quella che da ora chiamerò cagna, nell’albergo che avevo prenotato per loro e dove sarebbe avvenuta una pesante sessione sadomaso per la cagna.
Una volta arrivati in albergo feci cenno al portiere che le valigie le avremmo portate noi in camera o meglio le avrebbe portate la cagna. Fu una scena veramente esilarante vedere la cagna portare le valigie lungo le scale, queste pesavano piu’ di lei e con i tacchi a spillo che portava rischiò parecchie volte di cascare.
Una volta arrivati in camera, il marito si sistemò su una sedia per assistere allo spettacolo della sessione sadomaso della moglie.
Attaccai il guinzaglio al collare della cagna, e visto che mi scampava da pisciare la portai in bagno. Feci apposta a non centrare il buco del water e gli feci ripulire tutto il cesso, facendole ovviamente notare che era proprio un cesso. Tornando in camera da Letto decisi che era ora per la cagna di mangiare, misi due ciotole per terra del tipo di quelle che mangiano i cani: una la riempii di biscotti per cani, e l’altra di acqua. La obbligai quindi a mangiare e a bere come una vera cagna.
Questa si sporcò con i biscotti in tutto il corpo, e si era bagnata tutta in quanto non pratica di bevute dalla ciotola, ormai la sua dignità a finita sotto zero.
Decisi di punirla per come si era ridotta: la feci inginocchiare e le diedi trenta nerbate con la stecca di bambù lei gridava dal dolore, e alla quinta mi fermai dicendole che le avevo insegnato a dire grazie padrone, ogni volta che veniva punita che avesse ricevuto una nerbata, o una frustata e ricominciai da zero. Quando arrivai vicino alle 30 nerbate, la voce con cui mi ringraziava diventava sempre più tenue.
Finite le nerbate le dissi che verso la fine non era stata all’altezza delle aspettative del suo padrone e che la voce con cui lo ringraziava di occuparsi della sua educazione quasi non si sentiva e che avrebbe meritato una lezione. La legai sul letto mani e piedi, presi un frustino a manina di quelli da equitazione e cominciai a frustarle le tette, si capiva benissimo che non era così resistente come il marito vantava fosse, allora scesi e le frustai anche la figa che si stava bagnando in modo inverecondo sotto la pressione delle frustate.
Mi occupai poi delle tette attaccai delle mollette sulle tette, prima sui capezzoli e poi intorno, poi ne misi due sulla figa per tenerla bene aperta. La cagna stava urlando dal dolore, ma la apostrofai subito che doveva essere punita, perché si era messa a gridare dal dolore e lo sapeva che poteva aprire la bocca solo dopo aver chiesto il permesso al suo padrone.
Iniziai allora con un frustino più piccolo a frustarle i piedini, dalla faccia si vedeva chiaramente che soffriva tantissimo, ma che non lo esternava per paura di rischiare punizioni peggiori.
Decisi allora di alzare la posta la slegai, aprii l’armadio le attaccai sui capezzoli i ganci di un attaccapanni di quelli che usano le donne per attaccare le gonne negli armadi, questa volta la cagna non riuscii a resistere e la riempii di insulti, dicendole che meritava una punizione peggiore: le attaccai i ganci che si usano per attaccare le tende sui capezzoli: la povera cagna urlava come una pazza dimostrandosi ancora una volta poco obbediente.
Decisi allora di punirla in modo esemplare legandola al letto ancora una volta, non prima di tirare fuori dalla borsa la frusta a nerbo di bue per spaventarla ulteriormente. Le feci colare la cera bollente (non quella fredda da sexy shop la candela l’ho comprata al supermercato) prima sulle tette, e poi sulla figa. La vista e il rischio di subire sulle sue molli carne la frusta a nerbo di bue aumentò la sua forza di volontà’ e resistette alla cera calda sulle tette e sulla figa senza urlare una scena fantastica, si vedeva chiaramente l’atroce sofferenza sui suoi occhi e che stava dando l’impossibile per non manifestarla.
Decisi di premiarla allora consentendole di fare un pompino al suo padrone intimandole di ingoiare tutto senza perdere una goccia pena atroci punizioni. Purtroppo per lei fece l’errore più grave che può fare una mia schiava che mi spompina, prendere il mio cazzo in mano.
Dopo essere venuto, le feci notare la cosa dicendole che in teoria la sessione sarebbe finita qui, ma doveva punirla per l’affronto che avevo subito.
La punii con venti frustate con il nerbo di bue, quindici piano e cinque forte alla fine faceva praticamente molta fatica a sedersi da quanto le bruciava il culo.
Per concludere la giornata, la portai la sera tardi al guinzaglio in giro per Venezia con il marito che se la rideva e la insultava.