lettrice di 43 anni diventa mia schiava

Alessandra è una mia lettrice bergamasca che mi aveva scritto qualche tempo fa, dicendomi che vorrebbe chiamarmi padrone, ma di essere perfettamente conscia di non essere degna di rivolgersi a me con questo appellativo e che mi scriveva solo per ringraziarmi di averle fatto scoprire quella che era la sua vera natura.

Mi confessa che ormai sono due anni che legge i miei racconti e sono entrati nel profondo del suo vissuto, ma che è difficile trovare dei veri dominatori e quindi finora si accontentava di quello che passava il convento, ma spesso la voglia repressa le faceva desiderare di diventare una mia schiava.

Io le risposi mettendo il dito nella piaga chiedendole cosa significasse, non sarei il sadico che sono se non lo facessi, l’imbarazzo e la vergogna nelle aspiranti schiave è una cosa che adoro, diventano ancora più umide ed eccitate, quindi in preda ai loro istinti e quindi alla mia volontà, perché quando la lucidità della ragione lascia spazio all’istinto si può fare qualunque cosa.

Alessandra mi rispose che ciò significava la voglia di essere remissiva col suo uomo nell’attesa di farlo con me. Mettendo ulteriormente il dito nella piaga le chiesi quindi se fosse sposata, lei mi rispose che era separata, che non aveva legami fissi e si distraeva con sesso occasionale, ma assolutamente non appagante.

Con frase sibillina allora le risposi che potrebbe essere una schiava di un certo interesse, chiedendole contemporaneamente cosa facesse nella vita, come si vestisse e come fosse fisicamente. Mi rispose che lavorava in un ospedale come impiegata amministrativa e che vestiva in modo elegante, ma mai scollato avendo contatto con il pubblico, ma portava le scarpe con i tacchi. Fisicamente era alta circa 1,60, portava una quarta di tette.

Le dissi che non verrà accettata subito come mia schiava, prima dovrà essere messa alla prova e che l’unico limite sarebbe stato il no a segni permanenti per il resto avrebbe dovuto accettare tutto quello che avrei voluto farle, altrimenti avrebbe avuto sempre la possibilità di ritirarsi.

Lei accettò subito, chiedendomi in modo molto sottomesso cosa avrebbe dovuto fare come prima cosa per soddisfare il suo padrone.

Le ordinai di non indossare più il reggiseno e che per dieci giorni sarebbe dovuta stare in castità assoluta senza toccarsi, scopare, masturbarsi.

La sua risposta fu di ringraziamento per l’ordine ricevuto, ma avvisandomi che sarebbe stata dura dato che aveva la figa in calore già adesso, le risposi che doveva tagliare anche il piccolo ciuffetto in modo che potessi valutare meglio se rispettasse la castità o facesse la furbetta.

La sua risposta fu affermativa e dopo circa una decina di minuti, mi mandò una foto della sua figa completamente depilata e intrisa di umori dovuti all’eccitazione di essere dominata, in modo perfido le faccio notare che se è una mia attenta lettrice è a conoscenza della punizione che riservo alle schiave che violano la castità forzata.

Lei mi rispose che le punizioni che poteva riservarle le facevano veramente tanta paura, ma che farà il possibile per soddisfare quello che sogna possa diventare il suo padrone, ma che sente le tette dondolare dentro i vestite e il dondolio la eccita ancora di più.

Mi confessa però che quello che la eccita di più è il pensiero che io sono consapevole che per lei è tutto nuovo, è un territorio inesplorato e che solo leggere i miei messaggi le provoca sensazioni mai provate prima sulla fighetta.

Io le risposi che mi piace giocare al gatto col topo e che il pensiero di non potersi toccare la farà eccitare sempre di più, in quanto la sua testa penserà sempre di più solo a quello

Dopo qualche ora, mi scrive che le tette nude stavano sconvolgendo la sua mente, non era abituata a stare senza reggiseno e i suoi capezzoli avevano una voglia matta di essere munti.

Decido di non contattarla più per un po’ in modo di farla eccitare ancora di più, fino a che la mattina dopo mi chiama lei dicendo che le tette cominciano a pesarle e di avere paura che comincino a pendolare come per le vacche dopo la mungitura. Io le risposi che ormai era solo una vacca e che mi ero reso conto da subito che ordinando la castità forzata a una vacca come lei ci sarebbe stato da divertirsi, lei rispose piangendo pregandomi di non punirla, sa di essere una vacca, ma sta facendo di tutto per soddisfarmi.

Il peggio doveva ancora arrivare, mi raccontò che allo sportello dove lavorava diventava rossa ogni qual volta che qualcuno le guardava le tette, il che succedeva praticamente sempre. Mi scrisse intorno all’una che sentiva il bisogno di schizzare, era un supplizio sentire gli slip umidi ogni volta che si muoveva sulla poltrona. Io le feci notare che se gli slip erano un fastidio poteva sempre toglierli, ma rispose che preferiva di no e che per resistere teneva le gambe in continuazione spalancate.

Ero sempre più conscio che non sarebbe durata a lungo e preso dal mio sadismo decisi di non contattarla più fino alla mattina successiva, conscio che ciò l’avrebbe eccitata ancora di più e messa a dura prova.

Le telefonai la mattina dopo e le chiesi se la figa le prudeva ancora e mi confessò che non c’è l’aveva fatta e aveva violato la castità forzata: si era messa gli aspira capezzoli sulle tette e un piccolo vibratore in culo, non aveva resistito a lungo e aveva goduto come una fontana.

Le dissi quindi che dovrà essere punita con la masturbazione punitiva: dovrà masturbarsi con la spugna di ferro delle pentole. Mi disse che sapeva benissimo a cosa andasse incontro avendo letto i miei racconti, ma non ce la faceva più.

Il dolore però superò anche la sua più fervida fantasia: il bruciore che provava era pazzesco, ma ciò nonostante la figa si bagnava lo stesso, aumentando il dolore e il piacere. La figa però le bruciava tanto e andava ancora peggio quando doveva in bagno e l’urina calda toccava le pareti della figa che aveva subito quel trattamento

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