riammissione di una schiava

A volte mi capita di riammettere una schiava  o uno schiavo che si sia allontanata dal percorso di addestramento.  Mentre secondo la parabola il buon padre di famiglia accoglie a braccia aperte il figliol prodigo, io lo sono solo di botte e punizioni per chi chiede di essere addestrata da me per la seconda o terza volta.

Naturalmente non riammetto tutte, qualche tempo fa mi ha scritto la più stupida, inaffidabile e scema tra le mie ex allieve, chiedendomi di perdonarla non l’ho fatto.

La schiava di cui voglio parlare è un altro tipo di persona, le sue spiegazioni le ho trovate convincenti quindi ho deciso di riaccoglierla. Le ho spiegato che la sessione di riammissione, sarebbe stata particolarmente dura in quanto l’avrei legata a una scala per somministrarle duecento colpi con uno scudiscio di bambù. Duecento? Sono diventato matto di colpo? No, oltre a sapermi controllare si tratta di una schiava con un’ampia resistenza al dolore. Così ho svolto una sessione cosiddetta di punizione giudiziaria tra le mie migliori per severità(il mio soprannome non è casuale), non solo per la sua severità, ma per il realismo con cui ho operato. Non ho fatto finta, ho punito veramente, non è solo una questione di numero di colpi, ma di assenza di teatralità e di finzione. Sapevo che alla schiava serviva in termini sostanziali non di gioco bdsm.

 

Dopo l’evento la schiava mi scrive una mail

Caro Padrone, come aveva preteso l’altro giorno le mando questa lettera per ringraziarla del tempo che ha dedicato a una schiava insignificante quale sono io.

Prima che Lei cominciasse a colpirmi avevo paura e pensavo di fuggire, ma alla fine dei colpi che lei mi ha così gentilmente offerto ne è seguito un dolore tremendo che ha colpito in modo incredibile il mio cervello e ho avuto una crisi di pianto che è stato liberatorio ed espiatorio. Mi sono sentita liberata di un peso e come purificato. Mi sentivo in colpa davanti a Lei a causa del mio pessimo comportamento passato e ho provato sollievo in quanto sentivo di aver espiato le mie colpe.

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